19 giugno 2013

"U Pestu" con Sergio Rossi


Io, Daniela e Maria  a lezione di pesto
al Piro Piro di Cogoleto
di Gabriella Molli

L’occasione di una lezione intitolata “U pestu” non è sfuggita a  Daniela Vettori. 
Da quando ha conosciuto Roberto Panizza, che del pesto e le pianticelle di Pra  
ha fatto una ragione di vita, sente una forte attrazione per questa “salsa”
 che (io dico) solo una testa di donna può aver creato, visti gli ingredienti che la compongono. 
Dal basilico ai pinoli, all'aglio. Tre elementi che sono simbolicamente ascrivibili a una cultura propiziatoria nei confronti della dea madre. Dunque, eccoci sull'autostrada verso Genova, 
in una calda giornata di metà giugno, sfidando traffico e termometro 
per andare alla lezione di pesto al mortaio con presentazione del libro di Sergio Rossi 
“Pesto tradizione e futuro” (edito da Sagep, collana “Buono a sapersi. Piaceri da gustare”),
 presente autore e l’editore Fabrizio Fazzari.


“Pesto tradizione e futuro”

Sergio Rossi e Fabrizio Fazzari

Dove? Alla Pizzeria Ristorante Piro Piro   di Cogoleto,
 lezione a cura del “genovese” Giancarlo Marabotti e cena in tema, con i Partner :
 Slow Food Condotta di Savona, Slow Food Condotta di Genova Giovanni Rebora
Sagep Editori e Azienda Agricola Calcagno Paolo  
Lezione che va oltre l’argomento primario pesto, per la presenza di altre due mitiche salse:
 agliata e salsa di pinoli. E, come sempre, in casi di grande cultura del cibo ligure, 
il filo è quello della storia della ricetta e degli ingredienti e quindi la penetrazione in un mondo affascinante del passato, dove queste tre salse vengono riconosciute anche dalla vicina Francia, 
come primogenitura dell’Italia, dice Marabotti. 
Ci accolgono una sala grandissima e luminosa, una disposizione dei tavoli ad angolo per la lezione 
(con in bella vista i mortai), i mazzetti profumatissimi di basilico di Pra, aglio bianco e rosso, 
Parmigiano Reggiano trenta mesi, Fior Fiore sardo (tutto è già porzionato), 
a cui si aggiungono rami vellutati di “erba persa” (maggiorana), confezioni di prescinseua, 
aceto di mele, fettine di pane bianco, per le altre due salse. 
Campeggiano, ovviamente in bella vista: sale di Cervia in grani grossi e olio del Ponente Ligure. L’organizzazione è perfetta. 

Giancarlo Marabotti

Il “pestosofo” Giancarlo Marabotti è semplice ed essenziale.
 La prima cosa che colpisce è la piccola piantina di basilico 
(circa dieci-dodici centimetri) che tiene in mano.
 E la descrizione: deve avere sei piccole foglie. 
Nè più, nè meno. Dopo prende gusto di menta. E’ categorico.


Ovviamente Davide del Piro Piro ha disposto in bella fila tutti i mortai.
 E la lezione di Marabotti si sofferma sulla tipologia di legni 
(senza acidità, dice) che sono di rito per i pestelli. 
Li elenca ed esclude quello d’olivo, che invece nella Liguria di Levante era molto usato.
 E qui fa notare che le dimensioni del pestello devono essere proporzionate 
al diametro del mortaio. Non esiste il caso. 
Non tutti i pestelli dunque, vanno bene per un mortaio.





Breve storia del basilico e della ricetta più antica (1618)
catturata da quello che viene definito “il cucinosofo” Sergio Rossi e poi il via alla lezione pratica,
 lenta nelle sequenze, seguita individualmente per fare quella meraviglia di pesto
 “alla moda del genovese Marabotti”, dove i pinoli di Pisa hanno una grande importanza,
 ma (sottolinea il “pestosofo”) anche i pinoli mediterranei possono trovare spazio. 
Proprio perché è dal mare nostrum che ci arriva la ricetta.

Gabriella e Maria


Un tardo pomeriggio al Piro Piro di Cogoleto, Davide e la sua organizzazione perfetta: 
il rito del pesto di Giancarlo Marabotti valeva la fatica del viaggio. E la cena anche.


       

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