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23 agosto 2014

A proposito di Scherpada



A proposito di Scherpada
di Gabriella Molli
Scherpada-scarpazza: sarà un caso che i due termini si somiglino? Ambedue i luoghi dove esiste questa tradizione di torta con le erbe sono confinanti: Sarzana e Ponzano Superiore. L’uno quasi sul fiume Magra, l’altro sulla collina sul retro di Santo Stefano. Vediamo cosa può essere successo e perchè ambedue questi piatti sono in qualche modo collegati con i cibi di accoglienza della Via Francigena. Ma prima occorre discutere sul prefisso “Scarp”. Scarpazzone emiliano, scarpazza sarzanese, scarpaccia viareggina, scarpacci della Lunigiana storica hanno questo piccolo filo rosso che li congiunge. E la ponzanese scherpada? Quest’ultimo termine forse  è derivato da una trasformazione fonetica: scarpaza-scherpaza-scherpada. Solo ipotesi queste, perchè non esiste una documentazione. Ma tutta una parte della tradizione si fonda su ipotesi. Lo dice la storica dell’alimentazione Tannahill Reay, nel libro “Storia del cibo” (Rizzoli, 1987). Quello che c’è di interessante è il prefisso, dunque: lo studioso Enrico Calzolari lo fa risalire al germanico scarp-tasca di pelle. Tutti questi piatti infatti sono dentro una specie di tasca-sfoglia, fatta con farina-acqua-sale-un po’ d’olio. E dentro erbe di campo, anche bietoline (con la riserva di oggi verso le bietole dalla costa bianca). E dentro anche la maggiorana (una delle erbe della felicità). Ma gli scarpacci della Lunigiana storica (come si evince anche a pag. 60 del libro “Ricette di Lunigiana” (di Baldassari-Calzolari-Molli, Lunae Bosoni Edizioni, 2012), e come spesso avviene nella scarpazza sarzanese, vedono la presenza della mortadella e al posto della maggiorana, il profumo di noce moscata. La mortadella lunigianese (la mondiola) è un prodotto di origine antica. E’ collegato alla civiltà del maiale, trova conferma in un percorso di cibo che viene dall'Emilia  La noce moscata è anch'esso frutto probabile di contaminazioni. Piaceva molto e in Lunigiana era in vendita nei mercati presenti nella festa del santo patrono. Sempre nello stesso libro, viene citata una ricetta di scarpazza in uso a Pignone fatta con spinaci e con immissione di elementi dolci (zucchero, uva passa, pinoli, e due cucchiai di zucchero anche nella sfoglia). Una torta, questa, che fa ricordare i gusti mediterranei, dove dolce e salato stanno in armonia. Perché questo gruppo di torte-tortelli (perché di fatto gli scarpacci lo sono) è collegato con i cibi “poveri” della Via Francigena? Perché tutte le composizioni prevedono gli erbi o le erbette (bietole) sempre a disposizione in ogni stagione, nei campi incolti, sotto gli ulivi, nelle piane. Le donne intelligentemente sapevano riconoscerli e associarli per ottenere un ripieno di gusto morbido. Persino la malva riusciva a temperare certi sapori tendenti all'amaro  Oppure l’ortica. Il finocchietto selvatico, poi, era così tenero e profumato, da dare un tono speciale al piatto. In contenitore è di farina: a volte è molto sottile, come quello in uso presso le donne arabe.La forma della scherpada è un esempio  di piccolo contenitore rotondo di pasta azzima. Il più rispondente a riti gastronomici di devozione alla Dea Madre (o alla dea bona). Così era. Tutto ciò che è tondo e pieno è nato da arcaiche forme devozionali di richiesta di fecondità: il raviolo ben ripieno ricorda il ventre della madre in attesa. Abbiamo mai pensato alla storia dei cibi dentro il piatto?





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