21 marzo 2014

Mangiando una fetta di buccellato


Mangiando una fetta di buccellato
di Gabriella Molli
Se dico buccellato mi viene in mente un dolce con il buco. Una nuvola di farina-uova-zucchero-lievito con profumo di anice presente sulla tavola la domenica di Pasqua. Questo il ricordo del buccellato della mia prima infanzia vissuta ad Aulla. Confezionato con le uova che le galline avevano fatto nella Settimana Santa, conservate religiosamente in un cestino dai nastrini rossi. La nonna preparava l’impasto e disponeva una tazza al centro della teglia, per formare il buco. Un dolce rito pasquale che ho ritrovato da grande in uso anche a Sarzana, a Lucca (arricchito di piccoli semi di finocchio), e che sembra seguire un preciso percorso legato alla via Francigena.  Ma non solo.
Diffuso nella prima parte della Toscana e della Liguria spezzina, assume qualche variante per la presenza di cedro candito, noci, uvetta, scorza di limone grattugiata. Ma è sempre tipicamente un dolce con il buco.
La forma e la valenza simbolica
Indubbio il significato del buco, è chiaro riferimento al simbolo femminile. Esistono molti dolci di forma affine nel nostro territorio (Brugnato ne è un esempio con il suo canestrello, di cui anche Mario Solati ha tessuto le lodi) e, a mio avviso tutti attengono a situazioni devozionali.
Trascrivo dal Dizionario  dei simboli, dei miti e delle credenze (Giunti, 2006):
Buco, derivato di “buca”, dal latino tardo “bucam”, variante di buccam, “bocca”.
Simbolo di una vacuità che può essere riempita, il buco non fa pensare al vuoto sterile, ma la contrario evoca il ricettacolo del seme. Destinato a ricevere il seme della vita, il buco è il luogo della creazione. Più in generale è la concreta rappresentazione
delle potenzialità, delle risorse, delle ricchezze nascoste che attendono di essere svelate.
Dai miei viaggi
Dove ho ritrovato il buccellato?
- In un viaggio in Calabria, a Serra San Bruno. Inconfondibile la forma della ciambella. Fatto con uno sfarinato di grano tenero e lievito naturale, ben gonfio. Soffice, mi ha ricordato la mia infanzia.
- In un viaggio a Palermo poco prima del Natale. Sempre a forma di ciambella, solo che era ripieno di fichi secchi a minuscoli frammenti, ricco di mandorle, pinoli, uvetta, scorzette candite, pezzettini di cioccolato. E quel buon profumo di Marsala, che non dimenticherò mai. Sopra lucido di tuorlo d’uovo e tanti pistacchi tagliati a metà.
- In un viaggio in Provenza a Maillane, a gennaio per la Befana. Quando mi sono trovata davanti il “gateau des rois” fatto a ciambella (sembrava un grossa brioche con il buco) ho detto subito: è un buccellato. Quella che loro definiscono “couronne cylindrique” è la nostra ciambella. Dentro c’erano tanti canditi a filetti, in particolare ciliegine e meloni, scorzette d’arancio. Una delizia accentuata dal profumo di acqua di fiori d’arancio. E sopra granella di zucchero.
Le mie riflessioni
Questo ripetersi di un rito dolciario della stessa forma conferma le funzioni propiziatorie dei dolci (e dei pani) riservati alla madre terra. Invocazioni di fecondità, di augurio, di propiziazione, che hanno attraversato secoli di vita. Pensiamoci, mangiando una fetta di buccellato.    






     
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